Seppur
vogliamo ripeterci quotidianamente “sia fatta la Tua volontà”, ci sono alcuni
momenti nei quali la nostra fede vacilla, travolta da qualcosa che accade e ci
sembra inspiegabile.
Quella mattina
del 26 marzo 2011, quel senso di disperazione sembrava di vederlo negli occhi di
molte delle persone radunate nella chiesa di San Pietro e nella piazza San
Giovanni XXIII per il funerale del sacerdote Franco Marcone, morto due giorni
prima all’età
di 35 anni nell’ospedale di Perugia a causa di una malattia che lo aveva
fiaccato in brevissimo tempo.
Parroco di Abetemozzo, S.
Maria in Canili, S. Nicola in Ciarelli, S. Nicola in Poggio Rattieri, S.
Michele Arcangelo in Riano e S. Lorenzo in Magliano ma anche di Tortoreto oltre
che insegnante ad Ascoli, Pescara e nel Liceo scientifico aeronautico di
Corropoli.
Una morte che non ha una ragione umana ma
che acquista una sapienza ripensando alle parole del suo testamento, nel quale
colpiscono alcuni passaggi che potrebbero essere definiti profetici e altri di
manifesta tenerezza e sensibilità per i quali lui stesso trova un senso,
“Voglio manifestare la mia gratitudine al Signore per avermi fatto nascere
nella famiglia Marcone e lo ringrazio per avermi mostrato il valore della Croce
che feconda la vita”.
Le parole di una persona che, parafrasando l’apostolo Paolo che si rivolgeva ai Corinzi,
ha lasciato “il profumo di Cristo”, servendo il prossimo, soprattutto quello
più bisognoso.
Lasciano il segno le parole ma,
soprattutto, i segni e l’esempio che proprio la famiglia di don Franco Marcone
porta alla comunità con la decisione di donare alla diocesi di Teramo-Atri una
casa per accogliere famiglie bisognose e di migranti che si trovano sul
territorio. Uno spazio che, per volere del parroco
don Ennio Lucantoni e di mons. Michele Seccia quando era pastore della diocesi
aprutina, prevede all’interno uno spazio dove saranno raccolte le memorie di
don Franco Marcone, in modo tale da offrire l’opportunità a tutti di
ricordarlo, conoscerlo e farsi ispirare dal suo esempio di vita cristiana.
“Un sogno che mi ha
sempre accompagnato in tutti questi anni della mia vita è stato quello di poter
fare qualcosa per gli altri”, le parole di Annamaria,
la madre di don Franco Marcone che ha deciso di destinare la casa paterna a chi
ne ha più bisogno, “anche per gli extracomunitari, nei confronti dei quali ho un
grande sentimento di affetto”, ricordando come proprio il figlio non mancasse
di preparare sempre dei soldi prima di uscire per non mancare di rispetto alla
loro aspettativa di elemosina.
“Lui ad Abetemozzo ha
cercato sempre di stare vicino alla gente, accogliere tutti”, prosegue
Annamaria sottolineando il suo impegno durante il terremoto del 2009, “lui
volle andare a dormire in macchina per stare vicino ai parrocchiani perché
diceva: io devo essere li”.
“Un testimone
entusiasta della fede e della vita in mezzo al popolo. Un pastore per il
popolo”, le parole di don Ennio Lucantoni che considera don Franco
“un figlio spirituale” perché battezzato e cresciuto nel catechismo, apprezzandone
sempre l’assiduità e la gioia che erano di esempio agli altri “senza
atteggiarsi ad essere il migliore ma lo è stato realmente, sia nella parrocchia
che negli altri ambienti che ha frequentato”.
Non è un caso infatti che
proprio nel Liceo scientifico di Giulianova da lui frequentato, sia stato
indetto un premio
artistico che porta il nome di
“Don franco Marcone”, o che la parrocchia della Natività si sia fatta carico
del restauro della chiesa e degli spazi usati dai giovani di Abetemozzo,
danneggiati dopo il terremoto e il maltempo.
“Mi sembrava di ascoltare il
cantico di lode di Maria”, la sottolineatura nostalgica del parroco giuliese
ricordando la preghiera di don Franco Marcone durante la veglia della sua
ordinazione sacerdotale, così come le parole scambiate tra loro che lo portavano
a pensare “questo sarà vescovo! Ma dopo il Signore se l’è preso come vescovo
del Paradiso”.
Una donazione che Eliana Marcone,
sorella di don Franco, ha condiviso con entusiasmo, “Quella casa è il fulcro
della nostra vita, la storia della nostra famiglia”, pensando a quando
erano bambini e ci giocavano assieme ai nonni al fianco del quale il fratello
si è voluto far seppellire.
“Il bene più prezioso” destinato
alla diocesi che abbraccia tutte le parrocchie a cui il fratello è stato legato,
seguendo l’insegnamento che don Franco ha lasciato “Metteva da parte se stesso,
le sue necessità e le sue esigenze, si spendeva sempre per gli altri. Sempre
pronto a dare un consiglio, una mano, una presenza sicura, la sicurezza dentro
e fuori dalla famiglia. Infatti anche i parrocchiani confessano di sentirsi
soli adesso”.
Un immobile di 130mq
calpestabili sito in via Leopardi, tipica casa anni ’60 con cucina, soggiorno, diverse
stanze e il bagno più giardino e garage, tutto completamente ammobiliato, dato
che questi ultimi sono una donazione del marito di Eliana, Marco Palareti,
che definisce “naturale” metterli a disposizione, anche dopo l’invito di Papa
Francesco “ad aprire le chiese, i conventi e tutti i luoghi disponibili,
soprattutto per coloro che arrivavano da altri paesi incontrando tanta
difficoltà e diffidenza”.
“IN LUMINE STELLAE”, il
motto della vita di don Franco Marcone che nella luce di Cristo aveva voluto
tutta la sua vita, è la scritta che capeggia nella parte dell’edificio destinata
alla memoria, decisa dagli architetti Angelo Tarea ed Emidio
Calvarese, curatori del progetto.
“Una delle peculiarità di
Franco era quella dello studio, quindi la stanza dedicata a lui, oltre che una stanza
museo, deve servire per lo studio dei ragazzi a cui lui era molto legato”,
dichiara l’architetto Calvarese che precisa come questa stanza però non si
racchiuda all’interno ma esca fuori, nel giardino che non è un semplice filtro tra
dentro e fuori ma una sorta di percorso che ti guida.
Quella di don Franco Marcone
è stata una vita che ha lasciato un segno, anche nel mistero del testamento
scritto di suo pugno che mons. Michele
Seccia non mancava di ricordare, evidenziando il valore di un sacerdote da
portare come esempio per i giovani per come “ha vissuto fino in fondo il senso
gioioso del ministero ma anche il sacrificio del ministero”, testimoniato dal
gesto compiuto dalla sua famiglia, “Non stiamo beatificando qualcuno prima che
la Chiesa lo decida, vogliamo raccogliere le testimonianze di tanti giovani e
persone che sono state da lui seguite”.
Marco Calvarese

Commenti
Posta un commento