Come non andare
a vedere la mostra su Rolando Rivi? A molti questo nome non dice nulla ed è
comprensibile. In qualche modo è anche un test significativo di come la storia
sia sempre da riscrivere, perché in genere, almeno quella maggiormente
divulgata, è fatta dai vincitori e nei manuali di storia contemporanea
utilizzati a scuola, fino a qualche anno fa, non si faceva che qualche rapido
accenno al clima che s’instaurò in Italia immediatamente dopo la fine della
seconda guerra mondiale, in modo particolare in Emilia Romagna. Il regime
fascista, con l’esecuzione di Mussolini, era definitivamente finito. Il popolo,
secondo un settore della Resistenza, era pronto per accogliere un radicale
cambiamento. Urgeva approfittare del momento, che poteva considerarsi propizio,
per far pulizia del passato ed instaurare la rivoluzione comunista. Furono anni
sanguinosissimi, con esecuzioni sommarie, caccia al fascista o al traditore
sospetto, ricostruiti, solo da qualche anno, dal giornalista Giampaolo Pansa.
Era facile che l’odio ideologico, l’illusione di poter ripulire il mondo da ciò
che si riteneva un ostacolo al trionfo della propria idea, conducesse ad
eliminare degli innocenti magari solo perché simbolicamente rappresentavano un
passato da cui ci si voleva liberare.
È proprio il
caso del nostro Rolando Rivi. Un giovanissimo seminarista (aveva quattordici
anni) colpevole solo di essere certo della propria fede e lieto di professarla.
Possibile una cosa del genere dopo tanto male, dopo venti anni di dittatura e
cinque di guerra? Possibile dopo aver visto le atrocità commesse dai nazisti e
dall’esercito tedesco negli ultimi due anni di guerra, contro coloro che volevano
resistere alla loro presenza sul territorio italiano? Possibile credere che la
strada al cambiamento potesse essere ancora “quella”? Quella che passa
attraverso il perdono del male commesso, la certezza che Cristo cambia già la
vita adesso, rendendo illusoria ogni idea di cambiamento futuro che non passi
attraverso il cambiamento del cuore di ciascuno? Questo giovane seminarista,
con il suo volto lieto, fiero nella sua tonaca da prete con cui andava in giro,
testimoniava solo questo e per questo doveva essere ucciso. Ucciso perché la
sua presenza richiamava ad una verità fondamentale: la giustizia, e perciò la
bellezza della vita, non sono frutto dei progetti degli uomini, ma del disegno
di Dio.
Queste le parole
pronunciate da papa Francesco nel 2013, per la beatificazione di Rolando: “Rendiamo
grazie a Dio per questo giovane martire, eroico testimone del Vangelo … un
giovane coraggioso, che sapeva dove doveva andare, conosceva l’amore di Gesù
nel suo cuore e ha dato la vita per Lui.” Sono una proposta per i giovani, che
abbiano a scoprire che la vita è vocazione, è chiamata da Dio a una ricchezza
di esperienze positive in alleanza con Lui.
La ragione
ultima per cui val la pena visitare la mostra su Rolando Rivi è solo una: la
fede non è un pesante fardello da portare sulle spalle, ma una letizia che non
si vuol perdere; anche a costo della vita.
Gianpaolo Massetti
La
mostra “Io sono di Gesù – Beato Rolando
Rivi, testimone della verità” sarà esposta nella chiesa di San Pietro da
domenica 5 agosto a domenica 12 agosto 2018. Visite guidate su prenotazione al
348 8422873.
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