L’abbraccio
tra l’iman di Al Azhar, Al Tayyib e Papa Francesco
A tre
settimane dalle stragi della Domenica delle Palme nelle chiese copte di Tanta,
a nord de Il Cairo, e di Alessandria, Francesco ha voluto egualmente essere in
Egitto, ben consapevole dei rischi per la sua incolumità. Proprio nel momento
in cui la comunità copta è stata oggetto di un attacco di inusitata violenza il
Papa è andato a sostenere la testimonianza di questi cristiani riconoscendo,
nell’incontro con il patriarca Tawadros, l’eroicità
di tanti martiri che
“(…)
fin
dai primi secoli del cristianesimo, hanno vissuto la fede fino in fondo
versando il sangue piuttosto che rinnegare il Signore e cedere alle lusinghe
del male o anche solo alla tentazione di rispondere con il male al male. (…)
Ancora recentemente, purtroppo, il sangue innocente di fedeli inermi è stato
crudelmente versato. Le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il
loro sangue innocente ci unisce. Rinforzati dalla vostra testimonianza,
adoperiamoci per opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo
crescere la concordia e mantenendo l'unità, pregando perché tanti sacrifici
aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per
tutti".
Dopo
secoli di distanze viene ora abbattuto il muro di diffidenza che separavano i
copti ortodossi dai cattolici. E' la via dell'ecumenismo del sangue che unisce
oggi la Chiesa
di Pietro e quella di Marco, come mai era avvenuto da secoli. Francesco e
Tawadros II hanno infatti, in un documento comune, riconosciuto un unico
battesimo per le due Chiese e quindi si sono impegnati a superare l’usanza,
invalsa nella Chiesa copta dei tempi moderni, di ribattezzare coloro che
provenivano dal cattolicesimo.
Ma
Papa Francesco oltre a sostenere la comunità cristiana così violentemente
colpita ha voluto manifestare il suo appoggio anche ai musulmani egiziani,
impegnati ad isolare le correnti fondamentaliste che li insidiano dall'interno
e sono responsabili delle violenze contro i cristiani. Francesco, riconosciuto
come uomo di Dio, ha realizzato il miracolo di unire musulmani, cristiani copti
ortodossi, copti cattolici, nella proclamazione di un Dio di misericordia, non
violento. Infatti, oltre all'abbraccio con il patriarca copto c'è stato
anche quello, forte ed intenso, con il grande imam Al Tayyib. Anche qui,
ricordando il gelo che era caduto tra Al Azhar, il più prestigioso ateneo
dell’Islam sunnita, e san Pietro in anni recenti, si tratta di un evento
storico. Appena un mese fa la stessa Università di Al-Azhar ha pubblicato una
Dichiarazione sulla cittadinanza e la coesistenza, un documento di grandissima
importanza in cui si dissociano, per la prima volta, i diritti di cittadinanza,
eguali per tutti, dall’appartenenza religiosa. Un documento che segue a quello,
altrettanto importante, degli ulema del Marocco, sull’apostasia, nel quale
viene riconosciuta la libertà di cambiare fede religiosa senza incorrere in
pene di carattere civile. Il mondo islamico, percosso dalla violenza
del fondamentalismo islamista, è in movimento. Il viaggio del Papa in Egitto
aveva certamente tra i suoi scopi quello di sostenere questo «movimento», di
incoraggiarlo al fine di ritrovare il volto del Dio della misericordia, l’unico
che consente l’incontro, il dialogo, il rispetto tra tutte le comunità
religiose, senza alcun sincretismo.
L'ecumenismo
del sangue non ha solo unito cattolici e copti, avviati più che mai ad un
cammino di comunione, ma, altresì, copti ed islamici, sancendo il fallimento
del terrorismo islamista il cui scopo è di dividere l'Egitto, di scatenare
rancore e odio tra le sue componenti religiose. Un progetto nefasto che ha
trovato un muro, quello della testimonianza offerta dalle vittime e dai parenti
delle vittime la quale ha suscitato l'ammirazione dei credenti musulmani. Così
alla Conferenza internazionale per la pace, promossa dall'università di Al
Azhar, le parole del Papa, volte a dissociare la religione dalla violenza, sono
risuonate come quelle di un "ospite caro", espressione ribadita ben
tre volte dal presidente Al Sisi. Francesco è "un ospite caro in
Egitto". Lo è per il presidente come per il grande imam Al Tayyib il quale
ha ringraziato il pontefice per aver difeso l'Islam dall'accusa di essere una
religione di terroristi. Tanto lui, quanto Al Sisi hanno denunciato apertamente
le "forze del male che pretendono di parlare a nome dell'Islam",
impegnandosi per purificare l'immagine pubblica della religione da visioni
errate. A loro il Papa si è rivolto con paterna fermezza:
"Dio,
amante della vita, non cessa di amare l'uomo e per questo lo esorta a
contrastare la via della violenza, quale presupposto fondamentale di ogni
alleanza sulla terra. Ad attuare questo imperativo sono chiamate, anzitutto e
oggi in particolare, le religioni perché, mentre ci troviamo nell'urgente
bisogno dell'Assoluto, è imprescindibile escludere qualsiasi assolutizzazione
che giustifichi forme di violenza. La violenza, infatti, è la negazione di ogni
autentica religiosità. In quanto responsabili religiosi, siamo dunque chiamati
a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità, facendo leva
sull'assolutizzazione degli egoismi anziché sull'autentica apertura
all'Assoluto. Siamo tenuti a denunciare le violazioni contro la dignità umana e
contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni
forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione
idolatrica di Dio: il suo nome è Santo, Egli è Dio di pace, Dio salam. Perciò solo la pace è santa e
nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il
suo Nome. Insieme, da questa terra d'incontro tra Cielo e terra, di alleanze
tra le genti e tra i credenti, ripetiamo un "no" forte e chiaro ad
ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in
nome di Dio. Insieme affermiamo l'incompatibilità tra violenza e fede, tra
credere e odiare. Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro
qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica. La fede
che non nasce da un cuore sincero e da un amore autentico verso Dio
Misericordioso è una forma di adesione convenzionale o sociale che non libera
l'uomo ma lo schiaccia. Diciamo insieme: più si cresce nella fede in Dio più si
cresce nell'amore al prossimo".
Come non accostare Papa Francesco, nel suo viaggio in Egitto, a
san Francesco che, durante una Crociata, osò dialogare apertamente con il
Sultano Malik al Kamil? Allo stesso modo oggi, in un mondo che si muove
pericolosamente di guerra in guerra (guerra mondiale a pezzetti), il Papa è
l'uomo della pace, colui che sostiene il volto misericordioso di Dio contro
l'idolatria diabolica del Dio violento, strumento del potere dell'uomo.
"Oggi — ha dichiarato — c'è bisogno di costruttori di pace, non di
armi; oggi c'è bisogno di costruttori di pace, non di provocatori di conflitti;
di pompieri e non di incendiari; di predicatori di riconciliazione e non di
banditori di distruzione".
E'
un tempo pericoloso dove le religioni, sfruttate da ideologie aberranti,
tendono a dividere. Per questo la critica alla teologia politica è il compito
di ogni autentica posizione religiosa. L'unità
tra musulmani, ortodossi, cattolici, confortata dalla presenza di Francesco è
un segno che ha un valore storico. Lo è anche per la terra che ha ospitato
l'evento. L'Egitto, per la sua storia millenaria di civiltà, è il faro del
mondo arabo. La convivenza tra cristiani e musulmani che, tra alti e bassi, lo
ha caratterizzato, rappresenta un esempio di coesistenza. Un esempio detestato
dai fanatici islamisti che bramano una pulizia etnico-religiosa. Il dialogo, il
rispetto, l'abbraccio fraterno, simbolizzati, in questo viaggio, lasciano
sperare che l'esempio egiziano di coesistenza possa divenire, a breve, un vero
e proprio modello a cui guardare. Questa, certamente, è la speranza e la
preghiera del Papa.
Ottavio Di Stanislao
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