OPERAZIONE FONDALI PULITI
di Domenico Foglia
Dalle gomme agli
stivali, dai vecchi televisori alle sonde meteorologiche; perfino cartelli
stradali e asciugacapelli: quanti rifiuti vengono buttati ogni giorno nel mare?
Si calcola addirittura un camion zeppo
di spazzatura al minuto, ossia otto milioni di tonnellate all'anno, al punto
che nel 2050 gli oceani potrebbero contenere più bottiglie di plastica che
pesci. Ed è una prospettiva a cui non sfugge il nostro Adriatico. Tutto il Mediterraneo
è sotto la morsa di scarichi e abbandoni non autorizzati, che inevitabilmente
finiscono per incidere su qualità e
quantità del pescato. Sono solo
apparentemente "rifiuti
marini" perché in realtà provengono da "terra" , da discariche
abusive o pratiche di smaltimento scorrette. E a farne le spese sono,
purtroppo, proprio marinai e pescatori che con il prodotto del mare vivono e
crescono, assicurando il futuro per loro e le proprie famiglie.
E gli addetti ai
lavori hanno compreso da tempo l'importanza di tenere i fondali puliti e si moltiplicano perciò varie proposte
in materia di anti-inquinamento. Spesso hanno nomi esotici ma dalla "missione"
comprensibilissima: ossia quella di
contribuire alla pulizia ambientale, in questo caso marittima.
L'iniziativa principale
si chiama Clea Sea Life, un progetto co-finanziato dall'Unione Europea che
coinvolge amministratori, pescatori, volontari, circoli ed operatori turistici.
Dalle nostre parti ha già fatto tappa, tra l'altro, a Rimini, Senigallia e san
Benedetto del Tronto, raccogliendo e portando a terra oltre 1100 chilogrammi di
rifiuti. Decisivo è stato il contributo del naviglio locale. Ogni imbarcazione
aveva il suo cesto pieno di pattume riportato a riva dove è stato pesato e
classificato prima di essere smaltito secondo la normativa vigente, con
successiva relazione trasmessa alla Comunità Europea.
Un altro progetto
che vale la pena di segnalare è poi il Fishing for Litter, nato in Scozia nel
2005 , anche qui con il contributo dei pescatori. Coloro che vi partecipano
separano i rifiuti che rimangono accidentalmente intrappolati nelle reti,
stoccandoli poi a terra in appositi contenitori. Sono oltre 120 i pescherecci
italiani sloveni, croati, montenegrini e greci che in questo periodo hanno salvato il mare Adriatico da oltre 122 tonnellate
di plastica e rifiuti vari.
E, a proposito di finanziamenti,
la categoria sta per dotarsi di un nuovo meccanismo creditizio che andrà a
sostituire il FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) dal
2021. Tale strumento avrà il compito di sostenere i pescatori nella transizione
verso una pesca sostenibile, di aiutare le comunità costiere a diversificare le
loro economie, di finanziare i progetti che creano nuovi posti di lavoro e migliorano
la qualità della vita nelle regioni costiere nonché di agevolare in generale
l'accesso ai finanziamenti. Per accedere ai fondi, gli interessati
dovranno verificare con l'autorità
nazionale l'ammissibiltà del progetto e seguire le procedure richieste.
Buone notizie anche
sul campo delle demolizioni, uno strumento che rappresenta per la categoria, a prescindere dall'effettivo
accesso, una vera garanzia patrimoniale. Il nuovo fondo reintroduce l'arresto
definitivo e il sistema di incentivo alle demolizioni probabilmente partirà già
dal prossimo mese di ottobre.
Molti restano
tuttavia i problemi irrisolti che
riguardano l'intera categoria. I nostri pescatori dell'Adriatico lamentano ad
esempio da tempo la diversità di trattamento tra la sponda italiana e quella
croata. Perché solo all'estero si può pescare sette giorni alla settimana? È
evidente che la nostra economia basata sulla commercializzazione dei prodotti
ittici risenta pesantemente di questo tipo di concorrenza sleale.
Il settore della
pesca è poi l'unico senza cassa integrazione ed anche il sistema sanzionatorio
è molto sproporzionato ed eccessivamente punitivo al punto che a volte rischia
di far saltare i contributi per il fermo biologico.
Così come andrà rivisto il sistema dei prezzi che fa sì
che l'importazione di prodotti di acquicoltura provenienti da Grecia e Turchia abbia
un costo più basso rispetto al pesce catturato in Adriatico.
Giulianova, unico
porto della provincia teramana ed uno dei quattro porti pescherecci abruzzesi,
aspetta queste ed altre risposte per il suo naviglio composto da 233 imprese di
pesca distribuite in 73 vongolare, 30 di pesca a strascico, 5 di pesca di piccoli
pelagici e 125 di piccola pesca. Un settore che garantisce alla nostra città
lavoro a circa 3000 addetti, tra diretto e indotto: una vera e propria ricchezza
per l'intera comunità che va mantenuta e salvaguardata.
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