di
don Luca Torresi
Nel Vangelo di Luca, Gesù prima
sale sul monte e prega tutta la notte, poi chiama a sé i suoi discepoli, ne
sceglie dodici – gli apostoli –, infine scende in un luogo pianeggiante e
proclama le beatitudini: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”.
Quello che mi colpisce di Gesù, e che l’evangelista sottolinea, è il modo con
cui compie questo gesto: “alzati gli occhi verso i suoi
discepoli”. Ci sono modi che ci indispongono e ci sono parole, come in questo
caso, in cui le esclamazioni di Gesù, cariche di forza e speranza, ci predispongono positivamente sia
perché chi parla è più in basso dei suoi ascoltatori e sia perché quelle
affermazioni implicano una garanzia di intervento da parte di Dio.
“Beati voi”. Si inizia con una
promessa, un’assicurazione di felicità, che mi invita a rallegrarmi per
qualcosa di buono che sta accadendo. Dio entra nella mia vita, irrompe e porta
una novità, un cambiamento, come nell’Annunciazione: «Rallegrati, piena di
grazia: il Signore è con te». Quando Dio si rivela propone ad ogni uomo
l’offerta della sua gioia.
Questa felicità precede la
condizione degli ascoltatori: “Beati voi, poveri”. I primi discepoli di Gesù appaiono
come poveri: essi hanno abbandonato tutto, si sono allontanati dalla famiglia e
dai loro affetti e non hanno più niente. Noi, “discepoli” del terzo millennio,
invece, ci troviamo ad affrontare la “nuova povertà” intesa come l’impossibilità
che una persona ha di poter svolgere la vita che amerebbe vivere: anziani soli con il pro di una
longevità invidiabile e il contro di un sostentamento insufficiente; famiglie
in crisi che necessitano di un supporto affettivo ed economico nelle
fatiche della vita quotidiana; giovani alla ricerca di punti di riferimento o di
una realizzazione professionale a cui viene impedito l’accesso; l’isolamento
sociale che porta a farsi dipendente da qualcosa o qualcuno; le vittime di
tante forme di violenza, soprusi e ingiustizie; e così via. Ognuno di questi
nuovi poveri ha nel cuore un solo desiderio: poter uscire in pubblico senza vergognarsi di
sé o di quello che ha.
Per questo Gesù continua dicendo “Beati
voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”, per richiamare nel cuore di ognuno
che non è la povertà a rendere beati i poveri, ma la situazione della povertà da
loro la possibilità di implorare, desiderare, sollecitare il regno di Dio perché un povero non potrà mai
trovare Dio indifferente o silenzioso dinanzi alla sua supplica. A
tutti noi che ci sentiamo bisognosi, indigenti, disgraziati, sventurati, manchevoli
e infelici è chiesto di supplicare con fede che regni su di noi Dio, non il
denaro, né il trionfo, né il possesso, né i potenti di questo mondo.
Imitiamo
i passi della nostra amata Maria. Facciamoci guidare dalle sue scelte,
orientiamo la nostra vita e le nostre scelte seguendola – “Avvenga per me
secondo la tua parola” – mettiamoci nelle mani di Dio riconoscendo con meraviglia
e grande gioia che non è importante quello che io sono, quello che io faccio o
quello che posseggo ma quello che Dio ha fatto e fa per me. Nel Magnificat, un prorompente
inno di gioia, una cosa ci sorprende: Maria non accenna mai alla propria
maternità – avere il privilegio di portare nel proprio grembo il Figlio di Dio
– ma il suo canto è tutto concentrato sulle meraviglie che Dio compie, cambiando,
capovolgendo tutte le situazioni. Recitiamo ogni giorno il nostro Magnificat, “Beati
voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”, e con Maria rinnoviamo la nostra fiducia, la
nostra adesione – questa è la fede – al Signore e al suo messaggio.
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