sabato 26 luglio 2014

UN GIOVANE AFFERRATO DA CRISTO

Il 27 aprile di quest'anno nostro figlio Gabriele, un ragazzo di 26 anni, nell'abazia cistercense di Hauterive (Svizzera) ha fatto la Professione Semplice, ovvero ha pronunciato i voti temporanei, ultima tappa prima della Professione Solenne cioè del sigillo definitivo alla vita monastica.
Gabriele, il terzo dei nostri sette figli, è entrato in monastero alcuni mesi dopo la laurea, nel giugno 2011. L'incontro con la realtà cistercense di Hauterive risale a molti anni addietro, quando per motivi di lavoro la nostra famiglia ha vissuto a Losanna, che da Hauterive è poco lontano, e grazie ad amicizie locali nate in quel periodo abbiamo spesso frequentato quel monastero. Evidentemente quel piccolo seme entrato nel cuore di Gabriele, allora appena bambino, che ai nostri occhi - e forse anche suoi - è rimasto a lungo nascosto, nel tempo ha messo radici profonde fino a diventare un punto di solidità così imponente da attrarre tutto il suo desiderio di verità e di bellezza.
La Professione avvenuta il 27 aprile è stata preceduta da due anni di Noviziato, periodo nel quale per la natura stessa del percorso di formazione alla vita monastica, Gabriele ha potuto ricevere la visita solo di noi genitori una volta ogni sei mesi, oltre che corrispondere per lettera una volta al mese. Anche per questo, è stato uno spettacolo vedere Gabriele riabbracciare i suoi fratelli ed il modo gioioso e lieto, ma senza un istante di banalità, con cui hanno vissuto i tre giorni in cui siamo stati con lui. Sono tornati a giocare sulle rive dell'ansa del fiume che avvolge il monastero così come facevano 20 anni prima.
Per me mamma in questi anni ogni mattina il mio primo pensiero è andato a Gabriele. Penso a quello che sta facendo in quel momento e mi esplode una domanda dentro, quasi violenta, che mi provoca un dolore a volte fino alla commozione: “ Chi ha preso mio figlio? Quale AMORE lo ha portato a rinunciare a tutto, andare in un posto così lontano a vivere con persone che non aveva mai visto prima, quasi tutti più grandi di lui, che parlano un'altra lingua? Che razza di AMORE lo ha preso così tanto da abbracciare con letizia la clausura?”. La risposta si fa evidente nell'esperienza che si ripropone continuamente ogni volta che in questi anni siamo andati a visitarlo. Ho cominciato ad intuire che si può vivere di quell'Amore così totalizzante, che giorno per giorno sta prendendo nostro figlio e attraverso di lui sta prendendo anche noi tutti. Basta guardare il volto splendente e lieto di questi “uomini veri” di clausura, afferrati da questo AMORE tanto da diventare “LIBERI PRIGIONIERI DI CRISTO”.
Anche per me che sono il padre, è evidente che Gabriele non è andato in monastero per fuggire da qualcosa ma perché ha trovato un tesoro di straordinario valore, che non vuole perdere. Della bellezza di questo tesoro rimane affascinato chiunque incontra quegli uomini.
Ho cercato di descrivere questo in una recente lettera che gli ho scritto appena tornati dalla nostra ultima visita:
“Venire da te per la Professione insieme a mamma ed ai tuoi fratelli è stato un punto fondamentale per la nostra vita. Ancora una volta è stato l'essere messi davanti alla evidenza che Cristo basta alla vita, che si può vivere solo di Cristo. Questo grazie a te, carne della nostra carne, che così come sei stato preso, e non opponendo resistenza, anzi cedendo, così come sei, con tutti i tuoi limiti e le piccole grandi cose di cui sei capace, con il tuo sì stai rendendo evidente che di quel sì si può vivere; anzi è l'unica cosa che ci fa essere noi stessi fino in fondo. Ti ringrazio perché tu, carne della nostra carne, con il tuo sì rendi più facile, possibile, desiderabile, anche il nostro.
Per me e mamma è stato bello vederti con i tuoi fratelli e vedervi insieme. È stato più facile renderci coscienti e grati del compito che ci è stato affidato. Anzi, è stata un' occasione ancora più chiara per chiedere a Dio di essere degni di ciò che ci è stato affidato.
Forse ti ho già detto, o forse anche se non l'ho detto l'avrai certamente intuito del paragone che mi viene sempre più evidente della tua vita ad Hauterive e la mia qui.
Mi accade, con sempre maggiore evidenza, di paragonare la mia vita in famiglia a quella del tuo monastero. Non basta: anche il mio lavoro in università incomincio a guardarlo così: con i miei colleghi e gli studenti come se fossero la mia “famiglia-comunità monastica”. E così, come un'onda che si dilata a cerchi concentrici, questo sguardo comincia ad abbracciare tutto quello che mi circonda, fino all'ultimo cerchio che comprende tutto il mondo. E come nella tua famiglia monastica tutto vive ed è teso al “nulla anteporre a Cristo”, così, come desiderio, vorrei vivere questa tensione, questo desiderio, di “nulla anteporre a Cristo”, che rende diverso, più vero, più utile e fecondo il mio essere padre, professore, amico e compagno di cammino, nelle circostanze – condizioni di lavoro e salute,occasioni - in cui Dio mi mette. Anche se continuamente la sincerità di questo desiderio deva fare i conti con la mia fragilità e incoerenza. Prega per me, ne ho tanto bisogno.”
Per finire: questa storia sarebbe inspiegabile se circoscritta ai soli diretti protagonisti. E' evidente che Gabriele è stato condotto lì ed è sostenuto da una storia fatta da incontri, circostanze, persone, attraverso cui Gesù gli si è fatto conoscere e lo ha attratto; e la preghiera di questa compagnia, anche la Comunità parrocchiale, ne è la principale forza. Di questo siamo grati a tutti.

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