Teramo, li 21 luglio 2022
Carissimi/e,
mi è particolarmente gradito, in occasione
dell’annuale festa della Madonna del Porto, farvi pervenire un messaggio col
quale testimoniare la mia vicinanza a tutti voi che avete perseverato nella
fede in questi tempi di grandi tribolazioni (cf. 2Tm 4,7-9) e anche il
mio orgoglio nel constatare che non è venuta meno la forte devozione verso
Maria Santissima, stella del mare e porto di salvezza, Madre del nostro
Redentore, il Signore Gesù Cristo.
Maria «è un nave che ha portato il Signore
di tutte le creature, il nocchiere la cui lode è la meraviglia»[1];
esempio di fortezza nella fede, incoraggia ciascuno dei suoi figli ad imitare
gli apostoli che – per seguire il Figlio suo - hanno lasciato tutto.
La presenza di Maria nella vita di ciascuno
di noi, infatti, è un dono di grazia inestimabile di Dio
Padre: «Maria è l'eccellente capolavoro
dell'Altissimo, che se ne riservò la conoscenza e il possesso. […] Affermo con
i Santi, che la divina Maria è il paradiso terrestre del nuovo Adamo, dove
questi si è incarnato per opera dello Spirito Santo per compiervi
imperscrutabili meraviglie. È il mondo di Dio, grande e divino, dove si trovano
bellezze e tesori ineffabili» (San Luigi Maria Grignion de Monfort, Trattato
della vera devozione a Maria, n. 5, 6, [TVDM]).
Carissimi/e, come già da tempo annunziato,
l’intera comunità diocesana si appresterà il prossimo 19 dicembre a celebrare i
novecento anni dalla morte del Santo Vescovo Berardo, patrono della Diocesi di
Teramo-Atri. Egli, ormai cittadino del Regno dei cieli, intercede e ci invita a
rinnovare il nostro cammino imitando e invocando la Madonna del Porto «come un
moto che a moti minori desse incessbil moto» [Coletti S., Vita di San
Berardo, 21], pregustando le imperscrutabili meraviglie che Ella potrà
compiere per la nostra comunità diocesana.
Il porto dell'amata città di Giulianova, infatti,
presenza della operosità dei suoi abitanti, è al contempo anche la metafora di
un moto di approdo e di partenza che segna ogni viaggio della vita.
Ciò che è importante è saper costruire un
giusto rapporto tra la meta (ossia, il porto) e il viaggio
(ossia, la vita), sapendo che ciascuno di
noi è un po' come l'erede di Ulisse che, prima di approdare
ad Itaca, dovrà affrontare il mare e le sue
tempeste: Ulisse e Itaca sono un binomio: l'uomo e il suo pieno compimento. Il
porto è simbolo di un viaggio che non va affrettato con approdi prematuri. Come
Ulisse meglio arrivare con la maturità. Un punto rimane focale: più che la meta
è il viaggio che conta, in quanto occasione di conoscenza di Dio, del mondo e
dell’uomo, fonte di ricchezze spirituali e di grazie celesti. È dunque lo
stimolo per conoscere ed apprendere il modo di Dio.
In tal caso la presenza di Maria è
fondamentale, potremmo dire che Ella è una grazia preveniente che Dio pone sul
nostro cammino: "Dio vuole che la sua santa Madre sia conosciuta, amata e
onorata ora più che mai. Ciò accadrà sicuramente se con la grazia e la luce
dello Spirito Santo, i predestinati si inoltreranno nella pratica interiore e
perfetta che manifesterò loro in seguito. Allora vedranno chiaramente – nella misura
che la fede permette - questa bella stella del mare, e guidati da lei
giungeranno in porto, malgrado le tempeste e i pirati" (TVDM, 55).
Dunque, dobbiamo tenere fisso lo sguardo sul
porto senza dimenticarci di vivere pienamente e secondo il cuore di Cristo il
viaggio, nel quale si intersecano fra loro la metafora del mare e della nave.
Il mare si fa simbolo del
'"senza-confine" che impaurisce tutti noi che abitiamo terre
protette, intimi focolari, passioni quiete che nessuna gioia ha mai fatto
danzare, alcun dolore inabissato. La verità, tuttavia, è che il mare conosce la
danza e l'abisso: "Le linee del mare sono infatti, la
"profondità" dell'abisso e il "senza-confine"
dell'orizzonte, due dimensioni che inquietano l'uomo del territorio incapace di
vivere senza i segni del mondo, ma non il navigante che non dice al dolore
"sparisci" e all'amore "calmati". [..] In questo senso il
mare è la metafora del cuore come la terra lo dell'anima razionale, perché a
differenza dell'anima, che da quando è nata è sempre in cerca di protezione e
di salvezza, nel cuore c'è può concedere a chi non teme il
"senza-confine" (U. Galimberti).
In questi ultimi due anni di pandemia e in
questo tempo in cui la pace tra i popoli è miancciata da una guerra che
interroga tutta l’umanità, sperimentiamo di persona la lotta continua che
pervade l’uomo e la sua storia, lotta tra l'abisso del suo essere creatura di
Dio e l'orizzonte dei suoi sogni e dei suoi progetti, lotta che a volte ci
spinge a tirare i remi in barca e ad abbandonare il viaggio in mare. Mi ritorna
in mente, a proposito, un episodio raccontato da Plutarco nella sua Vita di
Pompeo in cui Pompeo - davanti ai soldati che durante una tempesta non volevano
affrontare il mare per trasportare a Roma il grano delle province - pronuncio
le seguenti parole: "navigare necesse est, vivere non necesse (lat.
«navigare è necessario, viverenon è necessario»).
Questa frase, guarda caso, è divenuta motto
delle città anseatiche, e più recentemente di altre organizzazioni marinare.
L'uomo, ogni uomo di ogni tempo, ha bisogno di navigare continuamente nelle
profondità del suo mistero, affrontando quelle onde burrascose che nascono
dalla lotta tra il suo abisso e il suo essere-senza-confini.
In tal caso Maria è porto sicuro di
salvezza, faro e lanterna del nostro vagare per acque spesso agitate,
giacché Ella iniziò il suo viaggio con Gesù meditando il suo cammino nel suo
cuore (ossia nel suo abisso) (cf. Lc 2,49). A tal proposito, auguro che questi
giorni di riposo possano essere l'occasione per riscoprire il gusto e il sapore
del meditare la Parola di Dio.
Per quanto riguarda la metafora della nave,
essa ha sempre accompagnato la riflessione umana sul significato della vita. In
particolare, vorrei accennare a due questioni riconducibili alla metafora della
nave: la navigazione come metafora dell'eroico agire e come metafora della
ragione umana e delle sue ricerche.
Circa l'eroico agire, se nell'immaginario
umano Ulisse è l'eroe del "navigare è necessario, non è necessario
vivere", nella realtà storica Cristo è colui che ha incarnato pienamente
questo bisogno eroico dell'animo umano: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere
alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste
sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,24-25).
E, di questa necessità Maria è stata resa
protagonista in modo speciale: «Simeone li benedisse e parlo a Maria, sua
madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno
di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te
una spada trafiggerà l'anima» (Lc 34-35). C'è un legame così stretto tra il
Figlio e la Madre - tra il capitano della nave e la Madre - che: "Per
mezzo della SS. Vergine Maria Gesù Cristo venne nel mondo, ancora per mezzo di
lei deve regnare nel mondo" (TVDM, 1). Maria è colei che aiuta a navigare
con coraggio nel mare della vita.
Per quanto riguarda la metafora della
ragione che ricerca nuovi lidi cui attraccare e poi ripartire verso nuove mete,
ci viene in aiuto una riflessione di Sant'Agostino: "Fra noi e l'aldilà si
frappone il burrascoso mare di questo secolo che con le sole forze umane non si
può attraversare. Dio ha preparato il legno, la croce con cui compiere la
traversata. Il mezzo è sicuro, ma tutt'altro che comodo" (Commento al
Vangelo di San Giovanni, 49). Io aggiungerei anche che Dio ha preparato il
mistero di Maria, stella del mare, affinché il "burrascoso mare" possa
essere domato dal mistero
di Cristo.
Carissimi fratelli e sorelle,
nell'augurarvi una buona festa della Madonna
del Porto, vi affido alla sua materna protezione e sicura guida e, mentre vi
auguro di navigare sicuri verso porti e mari che Dio ha preparato pe voi, vi benedico
di cuore e vi auguro un fruttuoso periodo di riposo.
Lorenzo
Leuzzi
Vescovo
di Teramo-Atri
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