giovedì 25 luglio 2019


“LA BARCA DI DIO”.
LA CHIESA DI S. PIETRO APOSTOLO A GIULIANOVA DI ALFREDO SCALPELLI.
di Ottavio Di Stanislao

Forse siamo naturalmente portati a non apprezzare ciò a cui siamo abituati, che abbiamo sempre visto, che consideriamo un elemento che ha fatto sempre parte del paesaggio, o forse una delle caratteristiche di questo nostro tempo è proprio una distrazione strutturale che non ci fa osservare e godere fino in fondo ciò che ci circonda. Eppure la chiesa di S. Pietro io l’ho vista costruire, anzi ricordo la pinciaia nell’area immediatamente a nord, dove oggi sono i palazzi e il campetto di calcio che insisteva proprio nell’area dove oggi c’è la chiesa. Ricordo l’inaugurazione del 1974, mentre tentavo di studiare per la maturità…, la partecipazione popolare per il conseguimento di un obiettivo lungamente perseguito, l’emozione e l’entusiasmo di don Ennio. Poi però è entrata nella nostra quotidianità, è la nostra chiesa, una struttura moderna e bella, comoda e accogliente che usiamo senza porci domande sul pregio del disegno architettonico, su chi l’ha progettata, sul significato delle scelte progettuali, sul contesto socio-culturale del tempo in cui fu realizzata. Il ritrovamento presso l’Archivio Storico Diocesano degli elaborati del 1958 del primo studio per la nuova chiesa e per il complesso parrocchiale di Giulianova ha acceso in me l’interesse per il progettista arch. Alfredo Scalpelli e mi ha fatto guardare con occhi più attenti la chiesa di S. Pietro. Don Ennio diceva che si trattava di un grande architetto, incaricato direttamente dal vescovo del tempo, mons. Battistelli. Non ricordava il  nome di Alfredo Scalpelli che fu uno dei primi laureati alla Scuola Superiore di Architettura di Roma negli anni ’30. Egli fece parte del GUR (Gruppo Architetti Romani) e del MIAR (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale), e, con altri giovani progettisti, fu in prima linea nel dibattito culturale e politico che produsse un grande rinnovamento nel campo dell’architettura e dell’urbanistica tra le due guerre. Fu, inoltre, tra i progettisti di Sabaudia, la nuova città realizzata nel 1934 nel cuore della campagna pontina appena bonificata. Partecipò e vinse a numerosi concorsi nazionali di urbanistica e di architettura. Nel 1935 era stato incaricato per la redazione del P.R.G, di Teramo, incarico poi ridimensionato al Piano di Risanamento del quartiere di Santa Maria Bitetto. Nel dopoguerra lavorò ancora nella nostra provincia, a Pietracamela, a Teramo e a Giulianova incaricato dal Comune per il PRG. In questo stesso periodo iniziò anche la collaborazione con la Curia Diocesana di Teramo per la realizzazione della nuova chiesa parrocchiale di Giulianova Lido. Trattandosi di una località marittima, dotata di un porto e quindi con molte persone dedite alla pesca, che fino a pochi decenni prima si svolgeva con lancette o paranze, il motivo ispiratore era stato quello di una barca a vela.
La Curia Vescovile di Teramo nel 1964 aveva deciso di realizzare una chiesa dedicata ai marinai a Giulianova Lido e reperiva pertanto un’area tra la linea ferroviaria e il mare. L’incarico venne affidato all’arch. A. Scalpelli che aveva già progettato il P.R.G. della cittadina. L’architetto conosceva bene la zona in quanto a Tortoreto Lido, a poca distanza da Giulianova, trascorreva spesso le sue vacanze estive nella Villa Tanzi che aveva progettato negli anni’30. Dopo vari studi, indirizzò il progetto fuori dagli schemi tradizionali ispirandosi alle vele dei pescatori. (…) La chiesa è un’opera postuma, infatti Scalpelli non la vide realizzata. È il testamento spirituale dell’architetto, l’ultimo messaggio di una produzione creativa che prende le mosse dalla chiesa di Sabaudia. Mentre redigeva questo progetto l’architetto la definiva “la barca di Dio”, libera da costrizioni e regole di forma: la copertura è una vela gonfia che si innalza e si raccorda al campanile che rappresenta l’albero maestro. Vista con lo sfondo del mare appare come una barca dalla bianca vela.
Ciò è quanto si legge nella scheda della chiesa di S. Pietro Apostolo a Giulianova, ultima opera disegnata dall’architetto, contenuta nel libro Alfredo Scalpelli architetto e urbanista (1898-1966), scritto oltre vent’anni fa da Mauro Bernoni, pronipote di Alfredo Scalpelli. Mi è stato gentilmente donato da Carlo Bernoni, nipote per parte di madre, di Alfredo Scalpelli, anch’egli architetto ed urbanista, collaboratore dello zio ed autore con il collega Grassi dei progetti esecutivi della chiesa di San Pietro. Il libro documenta il percorso intellettuale e professionale di una personalità che si colloca con ricchezza di motivazioni nel panorama architettonico e culturale contemporaneo facendo cogliere «i significati di un contesto culturale e di una personalità artistica pieni di suggerimenti e rispetto ai quali emergono i motivi di una ricchezza spesso sconosciuta». [G. MURATORE, Presentazione, p. II].
Non a caso il libro riporta sulla copertina lo schizzo della prospettiva del lato d’ingresso della chiesa di San Pietro. Una chiesa che viene concepita nel periodo finale di quel grande rinnovamento epocale che la Chiesa stava vivendo con il Concilio Vaticano II, con la grande apertura ad incontrare e dialogare con l’uomo contemporaneo, con la modernità. Un rinnovamento che si spinge fino al linguaggio architettonico, che vuole uscire dagli schemi fino ad allora percorsi per aprirsi alle nuove forme, alle suggestioni dell’architettura moderna. Ciò doveva essere una provocazione eccezionale per una personalità come quella di Alfredo Scalpelli, costantemente partecipe del dibattito architettonico e che spesso si era impegnato nella progettazione di chiese, a partire da quella di Sabaudia trent’anni prima. Non è questo il luogo per un’analisi esauriente ed un discorso critico sulla chiesa di S. Pietro: occorrerà avere a disposizione tutti gli elaborati e la relazione di Alfredo Scalpelli, ma soprattutto bisognerà suscitare l’attenzione di autorevoli storici dell’architettura. Si può dire però che la chiesa di S. Pietro è un esempio significativo, non secondario, di chiesa post-conciliare. La pianta circolare sembra riproporre il dibattito rinascimentale in una località dove esiste un’altra importante chiesa, la parrocchiale di S. Flaviano nel centro storico, con la stessa caratteristica. Inoltre proprio in quel periodo Giovanni Michelucci terminava la “chiesa dell’autostrada” e Scalpelli in S. Pietro sembra ripercorrere linee  architettoniche dell’ultimo Le Corbusier con la cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp. Anche qui il tetto è una vela, questa volta rovesciata, che non poggia sulle pareti ma su pilastri. Sono solo suggestioni che meritano però un approfondimento critico per nutrire la consapevolezza di  avere nella nostra città una chiesa pensata e concepita per gli uomini del nostro tempo da un grande architetto del ‘900.

Per l’approccio a questo argomento mi sono state di molto aiuto le conversazioni con l’arch. Luca Falconi Di Francesco. Lo ringrazio per gli spunti, i suggerimenti e la disponibilità.





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