sabato 26 luglio 2014

CELEBRAZIONE PER I QUARANTA ANNI DELLA CONSACRAZIONE DELLA CHIESA DI SAN PIETRO APOSTOLO


Dall’omelia, di S. E. Mons. Michele Seccia, per la Celebrazione dei quaranta anni di consacrazione della chiesa parrocchiale a San Pietro del 30/6/2014


Lasciatemi dire innanzitutto che è molto bello e significativo celebrare l'anniversario della dedicazione della chiesa, in questo caso di San Pietro, nella solennità degli apostoli Pietro e Paolo, perché è in sintonia con il significato stesso della liturgia, della Parola di Dio che abbiamo ascoltato e del nostro essere Chiesa, possiamo comprendere una piccola parola: memoria viva.
Pensando ai 40 anni pensiamo alla storia ma pensando alla Chiesa, pensiamo a noi.
È la viva memoria che si realizza nell'Eucarestia, è la viva memoria della parola di 2000 anni fa che abbiamo ascoltato questa sera, oggi.
Perciò cominciamo proprio di qui (Mt 16, 13-19), Gesù rivolge una domanda che sembra essere di curiosità: la gente che cosa dice di me? Gli apostoli gli rispondono ma la vera domanda che Gesù rivolge agli apostoli è: ma voi chi dite che io sia? E allora chiediamoci, chiedetevi, perché Gesù viene?
Può sembrare una domanda banale ma non vorrei che l'abitudine della professione della nostra fede ci faccia dimenticare quell'aspetto veramente personale della professione di fede che in Gesù Cristo, figlio di Dio nostro salvatore e redentore, nato da Maria che dall'alto della croce ci ricorda: vedi fino a che punto io ti ho amato? Vedi cosa significa la parola che dici troppo spesso: il salvatore, la salvezza …è qui è nella croce, è questo amore fino alla fine, fino alla consumazione.
Ecco, mentre noi ci rendiamo conto di queste affermazioni, non solo io per spiegarle, per ricordarle a me stesso  ma anche per ricordarle a ciascuno di noi, ecco la grande sorpresa …Caro Pietro: né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.
E cioè la nostra professione di fede è un dono di Dio. È un dono che abbiamo ricevuto e nella misura in cui lo riscopriamo vero, valido, importante per noi oggi, ecco, la memoria si fa viva, la croce di Gesù. Gesù crocefisso ci parla ancora e l'eucarestia diventa non un ricordo ma la presenza di colui che fidandosi di uomini semplici, anzi, di uomini che dal punto di vista umano nell'arco di tempo in cui hanno conosciuto Gesù potevano anche essere poco raccomandabili, perché non è che l'entusiasmo salva, l'entusiasmo di Pietro che dice: io sono tuo amico, io darò la vita per te, io non ti tradirò mai.
Però alla prima paura, alla prima tentazione, alla prima occasione di fare la stessa fine: ma chi lo conosce?
Attenzione che può capitare anche a noi, certo non è questo che ci deve scoraggiare, dobbiamo fare attenzione ma dobbiamo ancor più credere che quel segno della croce ed ancora più Cristo dalla croce è il segno della misericordia.
Ti ho amato e sono disposto ad amarti fino alla fine, accogliendoti come tu sei, come tu riconosci davanti a me, dice Gesù.
E lo stesso Paolo, addirittura nel momento cruciale, lo aveva già fatto tante altre volte: stava andando a prendere dei cristiani, dei discepoli del cosiddetto Gesù nazareno per condurli a Gerusalemme e farli processare ed uccidere. Lo abbiamo sentito che una decina di anni dopo, nella prima lettura, si ripete la stessa situazione perché il Re Erode, sapendo quello che stava avvenendo a Roma poco prima di Nerone, Caligola e altri Imperatori che si sono distinti nelle persecuzioni dei cristiani, anche lui dice: il primo lo abbiamo fatto fuori, Giacomo che era il Vescovo di Gerusalemme, e allora togliamo di mezzo anche Pietro Me lo fai carcerare.
È il potere di tutti i tempi che crede, con la forza, con la violenza, con la ragione di stato, di togliere davanti non solo i segni ma soprattutto le persone che rappresentano colui che è venuto per dare la vita presentandosi come via, verità e vita. Colui che ha detto: credete in me e sarete felici, seguitemi.
Aveva detto queste cose e gli apostoli che hanno capito il messaggio di Gesù, proprio Pietro  nella sua lettera aggiunge, pensando al Tempio: siete diventati pietre vive ...non cemento armato ma molto di più, pietre vive, questa è la Chiesa
È la Chiesa che come una medaglia ha due facce, la faccia di Pietro nella solidità della pietra, ma una pietra che è viva perché annuncia, perché deve essere pronta a risorgere …quando abbiamo ascoltato nella Prima Lettura (At 12, 1 11): alzati, in fretta! …mettiti la cintura e legati i sandali …ed è da chiedersi ciò, cioè tutti quegli impedimenti umani che fisicamente sono indicati dalle catene ma che sono quei lacci che tante volte ci impediscono di professare la nostra fede.
E magari ce li leghiamo da soli, perché servono a giustificarci per non fare questo, non fare quest'altro, contro ogni se e ogni ma …si ma, si però …è come un retaggio che noi ci mettiamo per sentirci al sicuro e stare immobili, forse per rinchiuderci in una prigione, una prigione dove Cristo non c'è, non lo annunciamo e non lo professiamo.
Bisogna uscire all'aperto, anche se può sembrare un sogno come a Pietro.
Pietro quando si sveglia dice: ora ho capito.
Chiediamoci: c'è stato un momento nella nostra vita nella quale ci è venuto spontaneo dire “ora ho capito”?
E non perché siamo diventati più intelligenti, più bravi, ma perché ci capita di affermare un particolare della nostra fede, questo particolare che oggi è riportato nel Vangelo: né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.
È lo spirito che ci guida alla verità tutta intera, è lo Spirito che da a delle persone inermi, fragili, come Pietro ieri e come Paolo che si lasciano condurre, basta sfogliare la Seconda Lettera ai Corinzi per capire tutte le traversie che Paolo ha dovuto affrontare senza mai tirarsi indietro nell'annunciare il Vangelo, e quindi per costituire, formare e fondare le comunità, le Chiese viventi.
Ecco allora che tutti questi richiami ci coinvolgono nella consapevolezza di essere stati chiamati a formare una Chiesa viva, una Chiesa che ha la faccia di Pietro per la sua solidità e coraggio ma ha anche di contro la faccia e l'impegno di Paolo, testimone, annunciatore, viaggiatore, missionario.
È Paolo che va alle genti, oggi chiaramente le sue lettere, per quanto ci indichino la missione dei suoi viaggi, rappresentano un mondo abbastanza circoscritto, ma immaginate oggi come questo Vangelo deve continuare ad essere annunciato ed a risuonare in tutte le parti del mondo ma questo può avvenire se noi che siamo qui stasera, noi che formiamo la Chiesa viva di pietre vive, ci sentiamo tutti impegnati non solo nella fedeltà di Pietro ma anche nella disponibilità di Paolo ad andare, dove? Lontano e vicino.
La lontananza non è solo geografica ma di cultura, di abitudini, è la lontananza che si crea nella famiglia quando, pur essendo tutti battezzati, aumentano i si ma, però per me, secondo me, ma tutti fanno così, e allora la famiglia cristiana, che è la pietra viva della Chiesa, a volte comincia a sbriciolarsi, cioè a non essere più pietra fondante, pietra forte che annuncia, testimonia e vive della fede.
Capite come Pietro e Paolo sono presenti in famiglia, come nella comunità?
Perché è così bello sentire una comunità che si preoccupa non solo di celebrare nel luogo consacrato il sacrificio, il culto a Dio gradito, ma a questo punto esce dalla chiesa e arriva alla società, arriva in questo mondo che mette molti schermi, molte opposizioni, molta indifferenza, che continua a segnare più divisione che comunione, riconciliazione, più proibizioni in riferimento alla pratica della fede …guardate che dobbiamo stare attenti: non abbiamo paura di mostrare la nostra identità, non la imponiamo a nessuno ma guai a noi se abbiamo paura.
La nostra società purtroppo, non quella dei paesi lontani ma  anche la nostra civiltà europea, sembra più voler mettere in angolo tutti i segni della fede. Ma il segno della fede, il segno della croce, il segno della vittoria del bene sul male, è il segno della certezza che Dio continua ad amare gli uomini, e questo amore passa, deve passare attraverso la testimonianza che dobbiamo offrire.
Allora le pietre vive si mettono in cammino e diventano costruzioni  di accoglienza, diventano gesti di solidarietà, diventano condivisione nel bisogno, e allora si che la Chiesa di Cristo, presente nel mondo non come maggioranza ma come lievito ha detto Gesù, siate lievito, siate seme, siate annunciatori, perché con questo compito noi veramente seguiamo l'esempio del Signore che, ha dato tutto per noi fino a donare se stesso.
Il dono che possiamo fare di noi stessi è proprio il dono dell'amore, della solidarietà, della riconciliazione, cioè di quei gesti che costruiscono ponti e non divisioni, che costruiscono un'alleanza nuova che noi celebriamo proprio nell'Eucarestia, quando Cristo si dona a noi.
E allora stasera, mentre cantiamo proprio una liturgia di lode, di ringraziamento alla Santissima Trinità perché si è degnata di abitare in questo luogo con il segno della dedicazione, quindi dell'unzione con il Crisma anche delle pareti e dell'altare, chiediamo al Signore che questo Crisma penetri, entri anche nelle nostre vite, perché animati dallo stesso spirito, possiamo  insieme con Maria Santissima aprire le porte del cenacolo ed andare ad annunciare il Vangelo ed essere quei discepoli che continuano, in una viva memoria, ciò che Cristo ha compiuto una volta per sempre.
E proprio in virtù della sua divinità possiamo dire che questa attualità, questo sempre è quello che noi viviamo se lo viviamo con fede, con gioia e con speranza.

Sia lodato Gesù Cristo

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